Esplorare nuovi mercati con la strategia “Oceano blu”
Le organizzazioni vivono di vita propria. Esistono, prendono decisioni, influenzano il quotidiano delle persone. Non c’è da stupirsi dunque che un clima aziendale sereno faccia aumentare la produttività aziendale. Secondo le ricerche di Great Place to Work, la Fondazione americana che da oltre vent’anni studia le caratteristiche che contraddistinguono i migliori ambienti di lavoro al mondo, i vantaggi a livello di produttività arrivano anche al 30%. E la soddisfazione dei clienti può crescere fino al 47%.
Per contro, un modello di business ancora molto diffuso nelle piccole e medie imprese del nostro territorio è quello del comando e controllo, che valorizza solo le migliori prestazioni a livello individuale: solo pochi collaboratori sono fortemente impegnati, a fronte della maggioranza che non si sente riconosciuta e finisce per creare un clima aziendale sfavorevole. Risultato: bassa sinergia tra persone, scarsa produttività dell’organizzazione.

Uno spunto per risalire la china potrebbe arrivare dalla strategia “Oceano blu” , che valorizza le persone senza puntare a modalità competitive. L’idea di fondo è questa: non serve più nuotare in un oceano rosso, in cui si imitano le mosse dei concorrenti in un’ottica competitiva basata quasi unicamente sui prezzi. Occorre invece spostare la propria progettualità da ciò che fanno i concorrenti, per focalizzarsi su nuove aree di mercato ancora da scoprire.
Come trovare nuovi spazi di mercato ancora inesplorati, dove nuotare al riparo della concorrenza? Secondo la strategia “Oceano blu”, la stessa ottica non competitiva che si crea verso l’esterno va implementata all’interno dell’azienda, puntando sulla valorizzazione delle persone e sullo spirito di squadra. A partire da regole chiare e condivise, si cerca un allineamento di tutti sui valori e sulle regole, in un clima aziendale di fiducia. Investire sulle risorse umane è un’attività di carattere relazionale, mai completamente prevedibile nei suoi risultati, e quindi non è una sfida semplice. La posta in gioco, a livello emotivo, è sempre piuttosto alta, e chi ha in mano l’azienda è chiamato a spendersi in prima persona.
La strada è lunga: fra organizzazioni ed emozioni c’è un legame molto profondo, ma che in realtà non ha ancora compiuto cent’anni. L’importanza di ascoltare le emozioni è stata scoperta, in fondo, soltanto negli anni ’30. E ci è voluta la teoria Y di McGregor per dire che la maggior parte dei lavoratori è alla ricerca di un significato in ciò che fa quotidianamente, e quando lo trova aggiunge valore al proprio agire professionale. Ed è l’azienda che costruisce questo “senso-nel-fare” e che lo trasmette ogni giorno alle persone che lavorano


